Di Salvatore Abate
Caro Antonello,
curioso destino essere inserito in una radicale maddaleninita’ che gli anni non fanno altro che confermare. Questo è il destino che sento mio. I fatti che accadono attorno a me, e che sovente non dipendono dalla mia volontà, e che non riesco a governare, lo confermano.
Per questo, non me la sento di attribuire giudizi su circostante, cose o persone. Perché non partirei da una condizione di obiettività e di serenità. Sono troppo coinvolto emotivamente. Rischierei di sputare sentenze, e anche i tanti rospi che ingoio.
Quello che, invece, vorrei fare è rivolgere una supplica al Padreterno. Che ci lasci essere artefici del nostro destino, una volta per tutte!
O che ci riservi, quale alternativa, la fine di Sodoma e di Gomorra.
Ci restano, ormai, pochi mortai dove potere rimestare tanta acqua. I tanti begli amici, a Cagliari e a Roma, di cui parla sempre Giuseppe Deligia, il sindaco degli anni dell’Isola Felice, non ci sono più.
Pochi sono anche gli spazi per esercitare il potere a livello locale. Poche le arene per fare combattere i galli.
Una di queste è il Parco, inteso come organo di gestione di un territorio posto sotto tutela ambientale. La forma, quindi, e non la sostanza.
Al Parco, chi è chiamato a gestire la baracca, litiga. Litiga per il destino da riservare a un isola arida e infruttifera, ma con una spiaggia dai sariflessi rosa che lascia i turisti con il fiato sospeso .
Due schieramenti si fronteggiano. “L’ora segnata dal destino batte nei cieli della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili”. A chi Budelli? A noi! La dichiarazione di guerra e’ stata consegnata nelle mani degli ambasciatori di… e di…
Budelli e’ diventato un casus belli. La rima non è voluta.
La guerra, però, è combattuta solo dai generali. I soldati semplici, dipendenti del Parco inclusi, la subiscono. Gli abitanti del territorio tutelato, specie autoctona da essere tutelata a sua volta, recitano, come di consueto, il ruolo di comparse.
Ciao e in bocca al lupo.
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