Il tema del ricupero di villa Webber, è un tema ciclico. Se, impropriamente, possiamo definirlo in questo modo. Ciclico perché del recupero della villa che fu, nell’agosto del 1943, luogo di prigionia di Benito Mussolini, deposto duce del fascismo, se ne parla, in maniera discontinua, ma ricorrente, a intervalli più o meno regolari, come accade per i beni ex militari. In questi giorni, presenta il suo progetto di “riconversione” un giovane, agguerrito, architetto sassarese. I proprietari della villa costruita nell’Ottocento, avrebbero previsto di realizzarvi un complesso turistico. Nel passato, furono gli enti pubblici a cercare di ottenere qualcosa da quell’immobile che, con il trascorrere del tempo, estendeva il proprio degrado. Il sindaco Giuseppe Deligia cercò di impiantarvi, negli anni Settanta del secolo scorso, una struttura sanitaria di eccellenza e commissionò il progetto all’ingegnere, e futuro senatore, Pietro Montresori: la famiglia Tamponi, degli eredi galluresi di sir James Webber, aveva sottoscritto un accordo formale con l’amministrazione comunale che prevedeva la cessione di settemila metri quadrati del terreno intorno alla villa, dove avrebbe dovuto sorgere l’ospedale, con la vecchia residenza forzata di Mussolini che sarebbe diventata una prestigiosa sede di rappresentanza. Deligia era riuscito a ottenere anche i finanziamenti per l’idea che aveva in mente, o almeno per iniziare a trasformarla in realtà: trecentottanta milioni di lire li aveva erogati il Ministero dei Lavori Pubblici, che all’epoca era guidato dal “maddalenino” Mario Ferrari Aggradi, e centoventi milioni la Regione sarda. Non se ne fece nulla, perché l’amministrazione che succedette a quella di Deligia ritenne opportuno impiegare quei finanziamenti per potenziare l’ospedale Paolo Merlo, che in origine avrebbe dovuto essere un ricovero per anziani. L’acquisto di villa Webber da parte del Comune pareva cosa fatta quindici anni fa circa, con il sindaco Mario Birardi: i proprietari, visto lo stato in cui versava l’edifico, non avevano nessun interesse a sfruttarlo per un qualsiasi fine, o almeno a disporre dei centodieci ettari del terreno circostante. L’amministrazione comunale si era detta pronta a comperare, impegnando quattro miliardi di lire ottenuti nell’ambito del progetto Interreg 2. Birardi chiese formalmente all’allora assessore regionale all’Ambiente, Pasquale Onida, la modifica del programma di interesse “europeo”, che per il comune della Maddalena prevedeva un trasferimento di cinque miliardi e settecentoventi milioni di lire. Dovevano servire per la realizzazione di una rete di accesso nell’ambiente marino e terrestre, attraverso il recupero della rete dei sentieri, con vie di collegamento a mare e con aree attrezzate per la sosta, nel territorio comunale. Siccome sindaco e maggioranza ritenevano che fosse opportuno limitare l’intervento a un miliardo e settecento milioni di lire, ne sarebbero restati altri quattro che avrebbero potuto essere destinati alla realizzazione di un sogno: proprio l’acquisto di villa Webber. L’utilizzo di quell’immobile situato in una posizione eccezionale, con un parco di pregio naturalistico e con una collina da cui si apriva uno scenario di indubbio fascino, da un lato le isole minori dell’arcipelago, dall’altro la costa settentrionale sarda, poteva essere quanto mai differenziato: un centro culturale all’interno della villa, un parco della salute nel giardino, uno spazio da destinare all’allestimento di spettacoli teatrali, concerti, convegni, seminari e mostre d’arte, una sede di rappresentanza del Comune stesso o del Parco internazionale delle Bocche. La Regione diede l’ok, il Comune si perdette, tra indecisioni, volontà discordanti e diritti di primogenitura. L’amministrazione del sindaco Rosanna Giudice, nel Piano Urbanistico comunale che approvò, aveva previsto un recupero di villa Webber, così come lo ha previsto l’amministrazione in carica, seppure riducendo le volumetrie disponibili per chiunque volesse prevedere in un intervento di ripristino e di riutilizzo. Adesso aspettiamo di sapere cosa propone il professionista che ha elaborato il nuovo progetto.
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