Nel nostro lavoro di informatori ci siamo sempre limitati a trasmettere salvataggi senza mai riconoscere veramente il duro lavoro della Guardia Costiera, i nostri angeli del mare. Con il collega Salvatore Abate lo facciamo oggi ringraziandoli di vero cuore.
Antonello Sagheddu
Di Salvatore Abate –
Il mare è l’elemento naturale, ancestrale, di tutti noi maddalenini. La nostra vista si perde sulla grande distesa azzurra. Mare da quattro lati. Mare da ogni punto cardinale. Il mare è poesia, autenticità, libertà, luminosità. Il mare, quando è irrequieto è angoscia, timore, rispetto, deferenza. Il nostro carattere è definito anche dal vento lungo che soffia dal mare: non lo diciamo noi, adesso, lo diceva qualche secolo fa Montesquieu. Sotto certi aspetti, viviamo all’interno di un paradiso. Ma il paradiso, nell’ abbandono, può trasformarsi nell’ inferno. Anzi, può esserlo sempre più spesso, se ci approfittiamo della bontà di Madre Natura, genitrice del mare. Se le manchiamo di riguardo, e ci sentiamo,noi piccole entità, superiori ad essa. Nei casi di emergenza, quando ci spingiamo troppo oltre, nella nostra immodestia, invochiamo l’ aiuto. In mare, l’aiuto proviene dagli uomini della Guardia Costiera, eccellentemente preparati per contenere l’ira di Poseidone -Nettuno, alter-ego del mare.
Essi arrivano puntuali, con le loro motovedette e con i loro gommoni, spediti, e, non a torto, almeno nell’Arcipelago, li definiamo, “angeli del nostro tempo”. Questa dichiarazione di affetto, almeno nella definizione, non è farina del nostro sacco, l’abbiamo rubata a chi l’ha inventata, ma ci piace e la ripetiamo. Almeno è vera, è sincera: quante vite umane sono state salvate dalla collera del mare in tempesta! I flutti, maestosi, ci chiudono ogni via di fuga, abbiamo lanciato, disarmati, la sfida contro il Titano, e loro, i tenaci vigilanti della nostra incolumità, sono pronti a ricordarci che lo scherzo è finito- anzi non avrebbe dovuto mai iniziare- sempre bene. Sono i custodi delle nostre vite e delle nostre barche, con le quali qualcuno di noi si procura il pane per la propria famiglia, anche a decine di miglia dall’approdo rassicurante di Cala Gavetta o di Cala Mangiavolpe, da dove eravamo salpati. Dal palazzo umbertino di Punta Nera, dalla torre di Guardia Vecchia o dalla sede operativa di Cala Balbiano, ci lanciano un segnale chiaro: frenate la vostra irruenza, siate umili, raccogliete il bello, offerto attorno a voi, e datevi da fare, autonomamente, sereni, riguardosi. Noi saremmo pronti, sempre, a ogni ora. Ma se i nostri mezzi dovessero restare sempre all’ormeggio, a Cala Gavetta, saremmo tranquilli e felici, più di voi.






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