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Galleria Speriamo che le foto non riguardino i fari di Razzoli e Santa Maria

razzoli 3 copia copiaDi Roberto Zanchetta

Ho avuto modo in questi giorni di rivisitare alcune foto, recentissimi ricordi delle mie piacevolissime circumnavigazioni della Sardegna. Gli scatti che, sempre, mi colpiscono, sono quelli che immortalano i numerosissimi fari che, sin da ragazzino, anche per i racconti di mia madre, hanno sempre attratto il mio interesse, soprattutto, sotto il profilo architettonico. Scorrendo le foto, sono due i fari che più mi colpiscono, quelli dell’Isola dei Cavoli e di Capo Spartivento. Entrambi, assistono i naviganti dei mari del sud e dominano un lungo tratto, incantevole, di costa sarda. Il primo all’interno della riserva marina di Capo Carbonara-Villasimius è in fase di ristrutturazione, il secondo, recuperato da tempo, perfettamente funzionante è stato adibito a Resort, con sei camere lussuosissime in stile sardo, piscina e saletta ristorante, Il massimo della vacanza, lontani dal mondo, con comfort di altissima qualità. Di questa struttura ce ne siamo occupati diversi mesi fa con un servizio, correlato da una sequela di foto che, dettagliatamente, descrivono la trasformazione e il recupero di quel bene demaniale. Nel rivedere quelle foto, nasce spontaneo un paragone ed una considerazione in riferimento a due strutture identiche che, in decadimento e abbandono totale, potrebbero venir recuperate e “sfruttate” per identico scopo. Parlo dei fari di Razzoli e di Punta Filetto (Santa Maria) di cui, da anni, tanti e troppi, si parla di un recupero, soldi, tanti soldi, sono stati spesi per mettere in sicurezza quello di Razzoli, una gabbia in tubi innocenti costata quasi trecento mila euro, oramai corrosa dalla ruggine, doveva garantirne la sicurezza, oggi quello scopo è venuto meno ed il pericolo è aumentato, si parla di un nuovo concorso di idee per far partire il suo recupero, anche di questo bando se ne parla da tempo, intanto quella struttura regna nel suo più totale abbandono e decadimento, il tempo corrode la struttura e sta levigando anche la sua gloriosa memoria. Decine di famiglie, maddalenine, negli anni in cui i faristi appartenevano ad una stirpe di uomini coraggiosi e valorosi, vi hanno vissuto e cresciuto i loro figli. Il recupero di queste strutture avrebbe anche questo scopo, restituire a quanti si sono sacrificati, per il loro funzionamento, lo spazio temporale nella storia del nostro Arcipelago ma, allo stesso tempo, in misura più importante, creare economia immediata, nella fase del recupero e ristrutturazione, opportunità di lavoro nella fase di pianificazione e di destinazione del loro uso. Una opportunità che, da anni, si attende di poter sfruttare. Allora, nasce spontanea una considerazione, a che serve l’acquisto dell’Isola di Budelli, investire tre milioni di euro, il cui ritorno, se vi dovesse essere, lo si otterrebbe chissà come e quando e continuare a trascurare un patrimonio immobiliare, storico e culturale, il cui recupero garantirebbe ottime opportunità di lavoro e di ripresa economica? Il Parco, questo Ente incomprensibile, per il modo in cui viene gestito, continua a marciare tra controsensi e scelte incomprensibili, l’ultima aver effettuato una operazione da 11 mila euro per l’acquisto di 16 foto (pubblicate al concorso fotografico “Obiettivo Terra” organizzato dalla Società Geografica in partnership con la Fondazione Univerde dell’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio), la realizzazione di 100 cartoline, di 16 quadri personalizzati con il logo dell’Ente, l’organizzazione di due mostre-evento una a Roma l’altra a La Maddalena. Intanto quei fari (la nostra storia e il nostro futuro), continuano a rimanere abbandonati e dimenticati. Evidentemente interessano più i capricci del Presidente e di un ex ministro, di cui nulla possiamo rimpiangere, piuttosto che provare a contribuire ed attivarsi per la risalita economica di questo nostro, meraviglioso, Arcipelago.

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