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Galleria Riflessione di una nostra concittadina.

Carlo Manunta 2Gli accadimenti degli ultimi giorni, mi hanno indotto una riflessione che già altre volte ho affrontato nella più totale solitudine che ha portato poi ad una sconfortante presa di coscienza.
La nostra società oggi ci impone un clichè di immagine che non deve assolutamente discostarsi dagli stereotipi imposti per far parte della massa, del gregge.
L’avvento dei social network ci ha reso più soli, più vulnerabili, ci impone un paragone impietoso con le vite degli altri.
Ma quanto siamo sicuri che tutto ciò che vediamo sia realtà?
Ho notato personalmente che se non rispecchi un certo “stile di vita” sei automaticamente tagliato fuori dal giro.
Essere taciturni, riservati, discreti e fuori dagli schemi imposti, ti rende una persona diversa…
Ma quanti di noi vogliono davvero essere “uguali”? uguali e chi? Rispecchiare cosa?
Ostentare una felicità e un benessere soprattutto sui social è diventato d’obbligo.
Mi rendo conto che il male di vivere e l’incertezza del futuro che attanaglia ognuno di noi, è una condizione da nascondere nel modo migliore, altrimenti scattano impietosi giudizi e scatta l’isolamento.
“Quello/a è uno che ha problemi”. “Non sorride mai”. Ma lascialo stare, non lo vedi che è depresso?
E’ proprio questa la problematica che ci affligge. Nascondere il nostro reale stato d’animo, ostentare un sorriso, fare sempre finta che vada tutto bene, è questo che quello che ci circonda vuole e pretende da noi.
Mi sono chiesta più di una volta cosa porta le persone a decidere di farla finita.
Immagino la solitudine e la disperazione che vivono.
I loro problemi ingigantiti dal mostro della depressione.
E la società che ci chiede di vivere sempre a mille.
Oggi facciamo tutto troppo velocemente.
Il caffè, i bambini a scuola, il lavoro che ci assorbe.
Un incontro casuale.
“Ciao come stai”?
“Eh, dai tiriamo avanti…”
Ma quante volte ci siamo fermati davvero a guardare negli occhi il nostro interlocutore?
Perchè credetemi, è impossibile non capire e non leggere il disagio di una persona.
Ma a noi, cittadini cosmopoliti di una società che ignora i nostri sentimenti, siamo un pozzo di frasi fatte e di reale indifferenza.
Come se la depressione fosse un male contagioso.
Secondo me dobbiamo iniziare a fermarci.
Il telefonino che suona sempre, la nostra mente persa tra un “mi piace” e un “condividi”…
E il nostro bambino che ci chiama incessantemente, e i nostri neuroni assorti…
Abbiamo anche finito di ascoltarli, di ascoltare gli altri, di ascoltarci.
Dobbiamo, ed è un imperativo, rallentare questa corsa che ci poterà sempre più velocemente in una società che farà della vita altrui carne da macello e dei sentimenti, e della vita, merce senza alcun valore.
Per me è troppo.
Per me tutto quello che accade ha un significato ben preciso e un messaggio che non possiamo permetterci di ignorare.
Il gesto eclatante del nostro amico Carlo, deve inesorabilmente farci fermare a riflettere.
Un bacio in più ai nostri figli, uno ai nostri compagni di vita, ai nostri genitori.
Spegnere il telefono nei momenti importanti della nostra giornata, ascoltare e ascoltarci nei momenti che richiedono il sostegno di qualcuno.
E non avere più paura di chiedere aiuto a nessuno.
Abbiamo fondamentalmente paura di chiedere aiuto e di fermarci, immaginando che la nostra condizione possa portarci ad essere allontanati dai più.
Io credo che il nostro Carlo, abbia vissuto qualcosa di simile.
Probabilmente ha deciso di scegliere cosa fare della sua vita.
E se quello che scegliamo noi tutti i giorni, riteniamo sia “la cosa più giusta per noi”, Carlo ha fatto la sua di scelta.
Come tale questa scelta va rispettata e non giudicata, senza interrogarsi del perchè.
Se non gli è stato chiesto il perchè non sorridesse più come prima, trovo fuori luogo chiedere il perchè del suo gesto, oggi.
Non abbiamo il diritto di chiederci oggi cosa ci fosse che non andava. Non lo abbiamo fatto prima. E’ doveroso tacere.
Carlo ha scelto. E sebbene sia una scelta che nessuno condivide, io non la condanno.
Carlo era libero di scegliere e l’ha fatto.
Non servono parole, interrogazioni, commenti o le frasi “era una brava persona”.
Aveva bisogno di tutti noi e in pochi immagino ci siano stati.
Gli altri tacciano e rispettino una scelta.
Perchè non possiamo decidere se venire al mondo ma possiamo decidere come vivere.
E anche decidere se questa vita fa per noi.
Ciao Carlo.

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