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Galleria Montella ha lasciato il palazzo

lucaDi Francesco Nardini

Le dimissioni di Luca Montella da consigliere comunale non è una di quelle cose da sottovalutare. Politicamente parlando, s’intende. Politicamente, infatti, raccoglie in sé molte indicazioni che l’attuale amministrazione, nell’ultimo anno della permanenza alla guida della città potrebbe – e dovrebbe – esaminare nella giusta maniera. E gli elettori dovranno valutare attentamente. Pur nell’evidente previsione – lo accenna lo stesso Montella – di porre del tempo nella preparazione con cura la campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione civica del maggio 2015 che si annuncia già bollente, la rinuncia allo scranno consiliare va vista come una pagina poco simpatica per tutti. Sono convinto che se stare in consiglio, pur all’opposizione, rappresenta una sana palestra di dibattito su temi politici e non su ripicche personali se è l’incontro vero e legittimo per affinare e avvicinare i diversi punti di vista fra maggioranza e opposizione limando le difficoltà per trovare un cammino unitario, se all’essere opposizione, pur non avendo in mano le leve del governo si connette la dignità di essere comunque i rappresentanti del 72% della popolazione, e se significa più che altro essere legittimati ad essere ascoltati in quel ruolo, allora credo che il mandato debba essere sostenuto con orgoglio. Ora, se uno ad un certo punto getta la spugna e se ne va, cosa vuol dire? Ecco, sarebbe proprio il caso di comprendere la ragione di quel gesto. Un po’ per tutti. “Abbiamo fatto anche proposte di crescita che sono state vanificate dalla regola dei numeri”, ha affermato Montella. Già la regola dei numeri. Si dice che sia la regola della democrazia e lo è, sovente però a tutto detrimento della popolazione che, proprio sulla base dei numeri, non riesce a vedere concretizzati compiutamente le proprie esigenze, quelle espresse dalla maggioranza dei consociati, e si deve accontentare di vedere portare avanti le istanze di una minoranza (nel nostro caso il 28% della popolazione), che una discutibile legge elettorale consente, non della maggioranza della gente. La parte che comanda zittisce ogni dissenso. E’ la regola del gioco, si dirà. E’ la legge. Quella legge che sta sempre più allontanando i reggitori della cosa pubblica dalla simpatia della gente. Sta creando una barriera fra amministratori e amministrati, un malumore visibile nella diminuzione costante dei partecipanti al voto. Esiste, però, una legge che va oltre i numeri e le percentuali. E’ la legge del cuore e della solidarietà, dello spirito di appartenenza, quello spirito che fa diventare una collettività sparsa una collettività solidale, coesa, capace magari superare assieme i momenti critici. Che eleva dissenso a fatto positivo, non discriminazione. In questa città, ahimé, le ragioni del cuore e della solidarietà civile non sono quelle che indicano il cammino. Da molti anni.

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