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Galleria L’ennesima scoperta dell’acqua calda

tore abateDi Salvatore Abate

Eugenio Scalfari, il fondatore del giornale-partito La Repubblica, può essere considerato un vecchio trombone o un maitre à penser, a seconda della prospettiva da cui sono recepiti i concetti, a volte semplici, a volte macchinosi, che sviluppa nei suoi editoriali della domenica.
Qualche settimana fa , a proposito di valori condivisi, ci ha propinato l’ennesima scoperta dell’acqua calda, e proprio perché tale ci ha fatto sentire un popolo di indifferenti e di leccaculi più o meno schierati.
Scalfari ha scritto: “Le persone consapevoli non sono la maggioranza. La maggioranza è indifferente. Si occupa del suo presente e del suo futuro prossimo. Le notizie che la riguardano direttamente la interessano, ma tutte le altre no.
I problemi generali sono seguiti da una minoranza”.
Il popolo è bue. Ma non è questo il punto.
Pensiamo per un attimo che queste banalità possano essere farina del sacco di uno di noi, comuni mortali. Che facciamo parte o meno della “maggioranza consapevole”.
Cosa può riguardarci direttamente o indirettamente?
Noi che viviamo la realtà isolana, sempre più difficile da gestire, cosa di attendiamo nel breve periodo, per noi, per il fazzoletto di terra che zappiamo ogni giorno, o per il nostro aggregato sociale.

Non è agevole attribuire giudizi su fatti, su cose e su persone, quando non è possibile partire da una condizione di obiettività e di serenità. Quando ci sentiamo coinvolti emotivamente in certe situazioni non siamo lucidi e sereni quando sputiamo sentenze, e anche il rospo che abbiamo ingoiato
La nostra storia, di comunità civile, è relativamente giovane. Il nostro percorso, breve.
Duecentocinquanta anni meno uno.
L’anno prossimo celebreremo una data tonda: siamo maddalenini da duecentocinquanta anni.
L’unitarietà, nella sua quintessenza, non alberga nel profondo del nostro animo. Tralasciamo i giudizi personali, per carità di patria. Limitiamoci a prendere atto che la suggestione collettiva che avrebbe dovuto caratterizzare una ricorrenza tanto importante, che avrebbe dovuto servire a destare le coscienze e a riconfermare lo spirito di identità, sia stata assunta a pretesto per esaltare sterili vanità paesane.
Siamo costretti a fare la conta per indicare chi è degno di rappresentare la cultura, incapaci di raggiungere l’accordo su una manifestazione dell’uomo animale sociale, che lo distingue dagli esseri viventi, che dovrebbe unire e che, al contrario, a noi divide.
I giochetti di dubbio prestigio, che sono serviti, alla fine, a gettare benzina sul fuoco, hanno prodotto il solo risultato di mettere in scena una farsa, un modesto teatrino di marionette.
Chiudo augurando a chi ha contribuito a questo gioco al massacro un sincero in bocca al lupo. La loro opera consisterà principalmente nell’abbattimento delle fragili, e inutili, barriere erette in tanti anni di lotte fratricide, e nel liberarsi di tutte le patacche appuntate sul petto.

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