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Galleria L’autosospensione: un concetto sconosciuto ai vocabolari.

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Di Enza Plotino

Quando ero ragazza ed andavo a scuola, il mio terrore era la sospensione. Voleva dire aver fatto qualcosa di talmente grave da venire allontanata dalla scuola e mandata a casa per uno, due, vari giorni. Ed un peso l’aveva anche sulla valutazione del comportamento nell’intero anno scolastico. Oggi, molti anni dopo quel periodo giovanile, ritorna il concetto di sospensione, ma autoregolamentato. Il presidente del Parco, un ente pubblico a tutti gli effetti, si “autosospende”. Immediatamente, il correttore automatico del computer me lo sottolinea: ed infatti, é un termine nuovo, coniato apposta: una finezza. Ma che vuol dire questa cosa nella pubblica amministrazione? Niente, perché non ha alcun valore, diciamo così, né tecnico né di diritto! Un pubblico amministratore, un presidente nominato da un Ministro, con il parere delle Commissioni di Camera e Senato, se ritiene che fatti gravi stiano minando le proprie prerogative, non può far altro che rimettere il suo mandato nelle mani di chi l’ha nominato, ovvero il Ministro dell’Ambiente. Cosa ha rimesso il presidente del Parco nelle mani del Ministro: l’autosospensione?
Ma allora perché il presidente del Parco si è “autosospeso”? Si è preso un “giorno” sabbatico, un “giorno” di aspettativa retribuita? Come lo possiamo chiamare calandolo nella corretta contrattualizzazione lavorativa?
Qualcuno direbbe, per trovare una soluzione la più vicina ad una spiegazione, che il termine utilizzato è stato inventato da chi, avendo commesso qualcosa di non proprio regolare, ma così evidente da non poter essere negato, ma non volendo abbandonare una posizione privilegiata, decide di ritirarsi in un angolo ad aspettare. Il personaggio in questione, d’altronde, é certo che nessuno avrà il coraggio di cacciarlo da quella posizione, e così si “autosospende”. Possiamo quindi dare la definizione di questo nuovo verbo rigorosamente riflessivo, a beneficio dei prossimi dizionari aggiornati: l’azione di chi vuol significare che “qualunque cosa sia stata fatta, decido io se, come e a quali condizioni me ne andrò.

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